Sembrano tempi assai lontani quelli in cui si parlava di mandamenti, famiglie mafiose, spartizioni di aree, ed invece a Mazara del Vallo tutto questo, è argomento assolutamente attuale.
Ridente cittadina del trapanese, Mazara ha sempre avuto qualcosa di strano: si parla davvero poco di mafia ed antimafia, come se non esistesse, grazie a persone che realmente non ne sanno nulla e alcune che invece sanno ma fanno finta di non sapere. In questo scenario al quanto particolare però Cosa Nostra ne ha sempre avuto la meglio potendo quindi agire indisturbata fin dai tempi in cui autorevoli esponenti mafiosi corleonesi come “Totò Riina, Leoluca Bagarella, Bernardo Brusca potevano trascorrere in città, indisturbati, la propria latitanza.” Questo è quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che il Gip Fabio Pilato ha emesso in data 16 dicembre 2024 e che, tramite le indagini della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, con l’ausilio del Gico della Guardia di Finanza di Palermo, ha portato all’arresto di 18 persone in quanto potrebbero essere coinvolte, in modi diversi, direttamente o indirettamente, all’interno del mandamento mafioso di Mazara del Vallo e alla sua gestione.
Ciò che subito colpisce all’interno dell’ordinanza di ben 632 pagine, è il primo capitolo ovvero quello che gli inquirenti dedicano alla descrizione, allo stato attuale, della famiglia mafiosa reggente di Mazara. Tutto questo, a testimonianza che nonostante siamo quasi nel 2025, tutt’ora Cosa Nostra è presente in città in maniera più che attiva ma soprattutto più che organizzata come del resto è sempre stata.
Si legge nelle carte processuali: “Il mandamento è stato diretto fino alla sua morte e nonostante il lungo periodo di detenzione, da Mariano Agate, indubbiamente uno dei personaggi di maggiore carisma
nella storia criminale dell’intera Cosa nostra. Nel corso degli anni, hanno assunto la reggenza del mandamento, a vario titolo e in più occasioni, Francesco Messina, inteso mastro Ciccio e Salvatore Tamburello, inteso u putiaru, Vincenzo Sinacori (poi divenuto collaboratore di giustizia), Andrea Manciaracina e infine Matteo Tamburello, tutti uomini d’onore ripetutamente condannati.
In tempi più recenti – e segnatamente, a far data dal 2006 – ha assunto la reggenza mazarese Vito Gondola che, dopo aver diretto il mandamento per molti anni, veniva nuovamente tratto in arresto nell’agosto del 2015 e, dopo poco, tradotto agli arresti domiciliari per ragioni di salute nella sua abitazione dove morì nel 2017.” Come si legge nell’ordinanza, Gondola però, nonostante la misura di prevenzione era riuscito ugualmente a portare avanti il mandamento mazarese addirittura riuscendo ad essere un perno fondamentale nella latitanza di Matteo Messina Denaro tanto da poterne veicolare i pizzini scritti proprio dal famoso latitante.
“E proprio a partire dalle investigazioni svolte dopo la cattura del Gondola – si legge nelle carte – è emersa, in modo progressivamente sempre più rilevante, la figura di Messina Dario, divenuto un riferimento certo anche delle famiglie mafiose della provincia, con particolare riguardo ai territori di Mazara del Vallo e Marsala nonché ai rapporti con la famiglia di Castelvetrano.” Anche Dario Messina però nel 2018 venne tratto in arresto e poi condannato nel 2022 proprio per dirigere il mandamento mafioso di Mazara.
L’argomento cardine della recente operazione della Procura è però una delle mafie più antiche e storiche mai esistite, fin quasi dalla creazione della stessa associazione mafiosa, ovvero la mafia dei pascoli. Il terreno viene infatti inteso come simbolo identitario del potere delle organizzazioni criminali. Ovviamente ne consegue il fatto che da sempre però, il raccattamento di terreni, porta a liti interne, furti, estorsioni, violenze e minacce. “Le indagini, – scrive il gip – svolte nel presente procedimento hanno consentito di accertare che Cosa nostra ha svolto un controllo ferreo sulla spartizione delle aree di pascolo nel territorio di Mazara del Vallo.”
Dopo la morte di Vito Gondola, l’esercizio di controllo e gestione da parte di Cosa nostra sembrerebbe oggi rimessa a Pietro Burzotta e Paolo Apollo detto Salvatore, rispettivamente genero e cognato del defunto capo mafia Gondola, coadiuvati da Aurelio Anzelmo e Ignazio Di Vita.
Nella ordinanza si fa riferimento ad alcuni fatti accaduti nel febbraio 2021 che coinvolgevano Vito Ferrantello al quale, avendo occupato un’area di pascolo in contrada Grimesi, Ignazio Di Vita aveva intimato l’allontanamento, rivendicando l’assegnazione di quella stessa area alla famiglia dei Centonze.
Come si vedrà, la questione troverà pacifica risoluzione nel corso di un incontro fra il Ferrantello e Domenico Centonze, incontro in occasione del quale fra l’altro i due, intercettati a bordo dell’autovettura sulla quale viaggiavano, offrivano una chiara suddivisione delle terre di pascolo secondo le regole della famiglia mafiosa e senza che venissero mai neanche citati gli accordi intervenuti coi proprietari.
Tra i fatti per esempio si vede Pietro Burzotta e Salvatore Apollo, che negando ogni loro pretesa, costrinsero gli eredi di un tale Giovanni Barracco ovvero i figli Peppe e Nicola, ad abbandonare le terre da loro occupate da destinare ai Centonze e ciò attraverso l’intervento degli stessi Centonze i quali, forti della loro posizione in Cosa nostra nonché della parentela con il capo mafia Natale Bonafede, portavano a termine l’operazione attraverso la pesante intimidazione mafiosa.
Roberto Marrone