Oggi parliamo dell’omertà che è tra gli atteggiamenti umani il più odioso. E’ il silenzio colpevole. Fare finta di non vedere, non sentire, decidere consapevolmente di non parlare, significa tradire se stessi prima che i nostri simili e la legalità. Chi tace, chi fa finta di non vedere e sentire, rinnega la propria coscienza e la coscienza collettiva. In criminologia comprendere il fenomeno dell’omertà e delle sue dinamiche è fondamentale per lo svolgimento delle indagini. Il “caso” Denise ci insegna che un gruppo di persone è chiusa in un silenzio che non ammette repliche. Inutile insistere di fronte ad un muro di gomma. Denise però non è sparita da sola. Mazara, nella sua storia di criminologia, ebbe molti omertosi che hanno preferito finire nelle patrie galere pur di non confessare delitti ed altri crimini. Ma non per questo si può continuare ad additare la Città come omertosa e mafiosa. Poche mele marce, come esistono in tutte le parti del mondo, non possono catalogare un’intera comunità. L’omertà è tra i disvalori più pericolosi e dannosi alla vita individuale e sociale poiché trasforma ogni vitalità e creatività in una lenta, quanto inesorabile agonia e morte dello spirito. Ognuno di noi ha la possibilità di lasciare traccia di sé nella memoria altrui. Fai che la tua impronta non sia lasciata nella sabbia così come avviene per chi è omertoso. Scrive Oriana Fallaci: “Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”.
Salvatore Giacalone