Si vota, ma quasi nessuno lo sa. Si eleggono i Presidenti dei Liberi Consorzi e i Consigli Provinciali, ma non sono i cittadini a farlo: il diritto di voto, in questa tornata, è riservato ai sindaci e ai consiglieri comunali in carica. È la logica del “secondo livello”, retaggio di una riforma – quella della legge Delrio del 2014 – che ha cercato di superare le Province senza realmente abolirle, svuotandole di funzioni e visibilità, ma lasciandole formalmente in vita. In provincia di Trapani sono stati presentati due sindaci, candidati alla Presidenza della provincia di Trapani, Lentini, sindaco di Castelvetrano per il centro destra, Quinci, già due volte sindaco di Mazara per il centro sinistra e per le liste civiche. Il dato più sconcertante resta però il silenzio. Quasi nessuno tra i cittadini è realmente consapevole che il 27 aprile andranno al voto soltanto i 25 sindaci della provincia e circa 380 consiglieri comunali che concorreranno per i 12 posti per costituire il consiglio provinciale. Nessuna campagna di comunicazione istituzionale, nessun coinvolgimento dell’opinione pubblica, nessun dibattito reale. È come se si trattasse di una partita a porte chiuse, giocata tra pochi addetti ai lavori, lontana da occhi indiscreti. E questo è forse l’aspetto più grave: la distanza crescente tra la politica e le comunità. Mentre i territori chiedono risposte su infrastrutture, mobilità, servizi sociali e scolastici, la politica si chiude in stanze sempre più insonorizzate, dove prevalgono logiche autoreferenziali, alleanze temporanee e accordi di vertice.
Ecco allora che questa tornata elettorale, pur così poco percepita, diventa un banco di prova. Un esperimento – forse l’ennesimo – per testare se le istituzioni intermedie possono ancora rappresentare un livello utile di governo del territorio, o se invece rischiano di trasformarsi in meri strumenti di gestione del potere, sganciati da qualsiasi legittimazione popolare autentica. Il nodo vero è questo: riconnettere la politica ai territori. Servono amministratori capaci, certo, ma anche visione, progettualità, trasparenza, comunicazione. Serve che le istituzioni tornino ad essere luoghi vivi, attraversati da domande vere e non da giochi di potere o autoreferenziali. Perché, in fondo, i territori chiedono una sola cosa: che chi decide per loro abbia la capacità di ascoltarli, di comprenderli, e soprattutto di rappresentarli. Alla prossima.
Salvatore Giacalone
9 aprile 2025